L'affidamento dei figli nelle coppie di fatto
- Avv. Luca Lezzi
- 17 gen 2020
- Tempo di lettura: 2 min

Nel 2012 la Legge n. 219 del 10 dicembre ha posto definitivamente fine alla differenza tra figli nati in costanza di matrimonio e non, equiparando lo status di figli naturali anche a quelli nati fuori dal matrimonio, riconosciuti, prima della riforma, semplicemente come figli legittimi. Oggi tutti i figli hanno lo stesso “status giuridico“, compresi quelli nati da un adulterio o i bambini adottati. Da ciò consegue che anche i figli nati da una convivenza potranno acquisire il cognome del padre e partecipare in egual misura alla spartizione dell’eredità senza che ciò venga riconosciuto e dichiarato da un tribunale.
Ed infatti, prima della riforma del 2012, i figli nati fuori dal matrimonio potevano essere disconosciuti dal padre e solo il giudice poteva dichiararne la paternità attraverso una sentenza che, tuttavia, non poteva imporre la coabitazione o il vincolo affettivo, ma soltanto l’assistenza materiale e la partecipazione all’eventuale eredità. A loro volta i genitori avranno gli stessi doveri nei confronti della prole, compartecipando alla loro educazione e sostentamento materiale e morale.
Grazie a tale riconoscimento anche al figlio nato fuori dal matrimonio è riconosciuta piena tutela in caso di affidamento al cessare della convivenza dei genitori.
Pertanto i genitori non sposati, nel caso in cui non raggiungano un accordo sull'affidamento dei figli dopo la fine della convivenza, dovranno presentare un apposito ricorso al Tribunale ordinario (e non più al Tribunale dei Minorenni) del luogo di residenza dei figli.
Valendo gli stessi diritti dei figli di coppie sposate, salvo casi eccezionali, in cui uno dei genitori non è in grado di accudire i figli, l’affidamento sarà condiviso, ed il giudice dovrà decidere esclusivamente con quale dei due genitori i figli dovranno vivere stabilmente (assegnando eventualmente la casa familiare al genitore presso il quale convive) e sul diritto di visita dell'altro genitore, garantendo, attraverso il riconoscimento di tempi e modalità, la giornate in cui potrà vederli e tenerli con se, nell'esclusivo interesse dei minori.
Il giudice potrà pronunciarsi anche sul mantenimento dei figli, obbligando uno dei due genitori (o entrambi) a versare un assegno mensile per il suo sostentamento e stabilendo quali spese andranno divise (in particolare modo quelle scolastiche, ricreative e mediche).
I genitori hanno l’obbligo di istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, oltre che l’obbligo di mantenimento.
L’obbligo non cessa con il raggiungimento della maggiore età ma solo quando il figlio avrà raggiunto la piena autosufficienza economica.
Il ricorso per l'affidamento (e/o per il mantenimento) andrà presentato, come detto, presso il Tribunale in cui risiedono i figli, nella cancelleria della volontaria giurisdizione.
Il Tribunale, che decide in composizione collegiale, fisserà con decreto l'udienza di comparizione davanti al giudice delegato (ed eventualmente i provvedimenti che ritenesse urgenti) assegnando al ricorrente il termine per la notifica alla controparte ed al Pubblico Ministero nonché un termine a parte resistente per il deposito di memorie difensive. Tra la notifica del ricorso e l'udienza di comparizione debbono intercorre termini liberi non inferiori a trenta giorni.
Il ricorso è esente dal pagamento del contributo unificato.
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