IL CONDOMINIO

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Tra le maggiori cause di conflitto che impegnano quotidianamente gli uffici giudiziari italiani, si annoverano le liti condominiali. Molteplici sono le ragioni che spingono i condomini, o terzi, ad instaurare un giudizio nei confronti del condominio o contro uno o più condomini.
Tra i conflitti condominiali più ricorrenti ci sono quelli relativi ai rumori molesti, all’approvazione e ripartizione delle spese, all’utilizzo delle parti comuni (scale, ascensore, lastrici solari, ecc.), alla gestione, manutenzione e distaccamento dell'impianto di riscaldamento centralizzato, al recupero delle quote dai morosi, ecc.
La prima cosa che un condomino è tenuto a sapere, se vuole tutelare al meglio i propri diritti, riguarda i termini per l'impugnazione delle delibere assembleari.
Molteplici sono i casi in cui il condomino si rivolge ad un legale quando è ormai troppo tardi, contattando un professionista solo dopo aver ricevuto una lettera di diffida o la notifica di un atto giudiziario.
Ed infatti, a parte le ipotesi in cui la delibera assembleare è da considerarsi nulla (e quindi priva di effetti giuridici), il termine per impugnarla è di soli 30 giorni.
Pertanto, se un condomino riceve un decreto ingiuntivo che lo intima al pagamento di una somma in favore del condominio, somma approvata dall'assemblea, potrà proporre opposizione al decreto, ma se sono decorsi i termini di 30 giorni dall'approvazione della delibera (o dal giorno in cui gli è stata comunicata laddove non abbia partecipato all'assemblea), vedrà la propria opposizione respinta in virtù della mancata impugnazione della delibera assembleare.
Non sarà possibile impugnare la delibera nemmeno nel caso in cui il condomino che ha partecipato all'assemblea ne abbia approvato il contenuto, atteso che, ai sensi del secondo comma dell'art. 1137 c.c.. l'impugnazione è concessa solo ai dissenzienti, agli astenuti o agli assenti.
Chi ritiene i propri diritti violati da una delibera assembleare dovrebbe pertanto rivolgersi ad un legale prima che sia decorso il termine di 30 giorni, senza attendere che la notifica di un atto giudiziario e rischiare seriamente una condanna.
Il termine sopra descritto riguarda le ipotesi di delibere annullabili; discorso diverso invece nel caso in cui la delibera sia da considerarsi nulla. La giurisprudenza, in assenza di una chiara disposizione normativa, ha elaborato il principio secondo il quale le delibere nulle non sono soggette ad un termine di prescrizione per la loro impugnazione.
la nullità è quel vizio che non consente alla delibera dispiegare i propri effetti giuridici. Si tratta di un vizio più grave delle ipotesi di annullabilità e può riguardare l’illiceità dell’oggetto, la lesione di diritti soggettivi, o l’assenza dei requisiti essenziali.
Per esempio è nulla la delibera condominiale che interferisca sul diritto del proprietario come tale, come nel caso dell’assemblea che deliberi il divieto di tenere in casa animali domestici.
La delibera priva dei requisiti essenziali è allo stesso modo nulla, come nel caso di cui non sia stato redatto il verbale o quando lo stesso sia privo dei requisiti essenziali per essere definito tale.
Le delibere nulle, oltre a non sottostare ad un termine perentorio per la loro impugnazione, possono essere impugnate da qualunque condominio, anche da colui che ne abbia approvato il contenuto.
Il codice civile, dedica un intero capo al condominio, dall'art. 1117 all'art. 1139.
Nel 2012, con la Legge n. 220, è entrata in vigore la riforma del condominio, che modifica la disciplina prendendo spunto dalle decisioni più recenti della Corte di Cassazione in materia condominiale tramutandole in norme vere e proprie.
L’art. 1 della legge riscrive l’articolo 1117 c.c. individuando ed elencando meglio le parti comuni dell’edificio; elencazione che naturalmente non può essere esaustiva, stante la grande varietà di tipologie edilizie e di situazioni concrete, ma che costituisce un importante sforzo che tiene conto anche delle elaborazioni giurisprudenziali affermatesi nel tempo.
L’art. 2 introduce l’articolo 1117-bis c.c., di nuova formulazione, che consente di ampliare la nozione di condominio, includendovi espressamente anche i cosiddetti condomini orizzontali quali, ad esempio, i villaggi residenziali e i «supercondomini», quelli cioè costituiti da più condomini. Inoltre, con la nuova formulazione dell’articolo 1117-ter c.c., si prevede una maggioranza che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio per modificare la destinazione d’uso delle parti comuni, mentre con l’articolo 1117-quater si introduce un più efficace strumento di tutela delle destinazioni d’uso in caso di attività contrarie alle destinazioni stesse.
L’art. 3, nel riscrivere l’articolo 1118 c.c., disciplina i diritti dei partecipanti sulle parti comuni. In particolare prevede la possibilità per il condomino di rinunciare all’utilizzo delle parti comuni, come l’impianto di riscaldamento e di condizionamento, qualora dalla sua rinuncia non derivino notevoli squilibri di funzionamento né aggravi di spesa per gli altri condomini.
L’art. 1122 c.c., previsto dall’articolo 6 della legge, stabilisce l’impossibilità per i condomini di eseguire opere o modifiche o svolgere attività ovvero variare la destinazione d’uso all'unità immobiliare di proprietà o alle parti comuni in uso individuale, se queste recano danno alle parti comuni o alle proprietà esclusive oppure recano pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.
Gli articoli 9 e 10 si occupano della figura dell’amministratore di condominio e stabiliscono le regole relative alla nomina, alla revoca e agli obblighi di quest’ultimo. I nuovi articoli 1129 e 1130 del codice civile definiscono i poteri dell’amministratore, le responsabilità su di esso incombenti ed i conseguenti casi di revoca per violazione dei suoi doveri.
Altre novità riguardano la durata in carica dell’amministratore che passa da uno a due anni e la possibilità di revocare anticipatamente l’amministratore in alcuni casi espressamente previsti (tra cui la mancata apertura del conto corrente obbligatorio).
Indubbiamente, dall’esame della riforma emerge la volontà di definire un profilo più responsabile e trasparente della gestione condominiale, nell’esclusivo interesse dei condomini ed a garanzia degli interessi dei terzi, in modo che il ruolo e le funzioni dell’amministratore ne escano rafforzati e al contempo i condomini possano più agevolmente controllare l’operato dell’amministratore, anche a mezzo del consiglio di condominio, con funzioni consultive e di controllo.
All’art. 14, comma 3, risultano altresì innovati i modi di costituzione e di quorum deliberativi dell’assemblea in direzione di un più snello funzionamento di tale organo, così come sono ex novo disciplinate, all’articolo 15, le regole che sovrintendono all’impugnazione delle deliberazioni.
L'articolo 16 stabilisce espressamente che "Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali da compagnia".
Ulteriori innovazioni riguardano disposizioni di attuazione del codice civile, quali la modalità di riscossione dei contributi condominiali (articolo 18), la modalità di convocazione dell’assemblea (articolo 20), la modalità di rappresentanza e di funzionamento dell’assemblea stessa (articolo 21), di revisione delle tabelle millesimali (articoli 22-23).
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