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SEPARAZIONE E DIVORZIO

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La separazione è un istituto regolamentato dagli articoli 150 e successivi del codice civile, e da una serie di norme speciali.

 

La separazione non pone fine al matrimonio, né fa venir meno lo status giuridico di coniuge, ma ne sospende temporaneamente alcuni effetti fino a quando la coppia non si riconcili o divorzi.

Nello specifico la separazione sospende:

  • La comunione legale dei beni (ovviamente nel caso in cui la coppia non abbia optato per la separazione legale);

  • Gli obblighi di fedeltà;

  • L'obbligo di coabitazione;

  • L'obbligo di collaborazione (inteso come il contributo a tutto ciò che attiene all'organizzazione della vita familiare);

  • L'obbligo di assistenza morale (ovvero tutti quei comportamenti che costituiscono il legame affettivo e e di sostegno reciproco).

 

La separazione, non sciogliendo definitivamente il vincolo matrimoniale, impone ai coniugi il rispetto di alcuni obblighi quali:​

  • Il dovere di mantenere il coniuge economicamente più debole;

  • Il dovere di mantenere, educare ed istruire i figli.

 

La separazione può essere dichiarata per cause oggettive, pertanto, diversamente dal passato, può essere chiesta anche da uno solo dei coniugi senza che l'altro abbia la possibilità di opporsi, e ciò indipendentemente dalla colpa di uno dei due coniugi e, in generale, per tutti quei fatti che "rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza o recano grave pregiudizio all'educazione della prole" (art. 151, 1°co. c.c.).

La separazione, sospendendo temporaneamente solo alcuni dei vincoli matrimoniali, consente alla coppia di riconciliarsi. Al fine di far cessare gli effetti prodotti dalla separazione (ripristino della comunione legale, obbligo di coabitazione, ecc.) occorrerà richiedere un accertamento giudiziario (con apposita domanda al Tribunale competente), oppure recandosi personalmente negli uffici comunali del luogo di residenza per rilasciare un'apposita dichiarazione e formalizzare la fine della separazione.

La riconciliazione può avvenire anche per fatti concludenti, come il ritorno alla coabitazione, e può essere rilevata anche d'ufficio. Una volta intervenuta la riconciliazione la separazione, a qualunque titolo dichiarata, perde efficacia, e, nel caso in cui la coppia decida di divorziare, dovrà affrontare nuovamente le formalità di una nuova separazione, al fine di far decorrere il termine per poter chiedere la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

 

La separazione può formalizzarsi in tre modi:

  • Separazione di fatto;

  • Separazione consensuale;

  • Separazione giudiziale.

A differenza della separazione di fatto, la separazione legale (consensuale o giudiziale) produce alcuni effetti a carico di uno o di entrambi i coniugi.

Nello specifico:

  • La risoluzione delle questioni attinenti alla sfera patrimoniale dei coniugi in comunione dei beni, come la divisione dei cespiti mobiliari ed immobiliari acquistati in costanza di matrimonio;

  • Il diritto al mantenimento e/o agli alimenti in favore del coniuge economicamente più debole;

  • L'assegnazione della casa familiare (in caso di figli al coniuge affidatario degli stessi);

  • L'affidamento dei figli, tempi e modalità di visita per il coniuge non affidatario, ed il loro mantenimento fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica.

 

LA SEPARAZIONE DI FATTO

 

I coniugi possono decidere di interrompere la convivenza senza alcun tipo di formalità, vivendo separatamente oppure sotto lo stesso tetto ma disinteressandosi l'uno dell'altro. La separazione di fatto non produce alcun effetto sul piano giuridico, né è sufficiente a far decorrere il termine per giungere al divorzio (12 mesi in caso di separazione giudiziale o 6 mesi in caso di separazione consensuale). Atteso che la separazione di fatto non produce effetti giuridici, l'abbandono del tetto coniugale o rapporti extra-coniugali, in assenza di prova contraria potrebbero essere motivo di addebito della separazione nel caso di separazione giudiziale.

Ed infatti, l'abbandono del tetto coniugale o l'infedeltà, sono motivo di colpa e addebito della separazione (giudiziale) solo nel caso in cui l'unione affettiva della coppia non sia precedentemente venuta meno.

Pertanto, laddove si dimostri che era intervenuta una separazione di fatto, non potrà addebitarsi la colpa della separazione ad uno dei coniugi in caso di successivo abbandono del tetto coniugale o rapporto extra coniugale.

 

LA SEPARAZIONE CONSENSUALE 

 

la separazione consensuale, come si intuisce chiaramente dal nome, avviene con il consenso dei coniugi, in particolare modo con il consenso sulle condizioni economiche e di affidamento dei figli della coppia. 

Detta separazione, dopo la riforma del 2015, può avvenire con tre modalità differenti:

  • In comune;

  • Attraverso la Negoziazione assistita;

  • In Tribunale. 

 

Una volta che i coniugi hanno trovare un accordo sulle condizioni della separazione possono rivolgersi al sindaco, quale ufficiale di stato civile (o un suo delegato) del Comune di residenza di uno di loro, o a quello dove è stato celebrato il matrimonio, perché provveda a ratificare la separazione.

Affinché sia possibile esperire tale procedura la coppia non deve avere: 

  • figli minori; 

  • figli maggiorenni portatori di handicap grave o incapaci; 

  • figli maggiorenni non economicamente autosufficienti.

Inoltre, le condizioni economiche della separazione non può contenere patti di trasferimento patrimoniale, ovvero accordi con i quali uno dei coniugi dona all'altro beni mobili e immobili acquistati in costanza di matrimonio. 

Ovviamente gli accordi possono prevedere il riconoscimento di un assegno di mantenimento.

Il costo di un divorzio in Comune è di 16 euro, pari ai diritti da versare all’ufficio di stato civile.

Non esistendo alcun controllo da parte dell'autorità giudiziaria, ne l'assistenza di un legale di fiducia, questa procedura è sconsigliata se uno dei due coniugi ha il timore che l'altro stia sfruttando la sua posizione per ottenere condizioni economiche vantaggiose. 

 

Con la procedura di negoziazione assistita i coniugi si possono separare con  l'assistenza di un avvocato per parte.

A differenza della procedura in Comune,  non esistono limiti o condizioni. Si può ricorrere alla negoziazione assistita anche in presenza di figli minori, incapaci o non economicamente autosufficienti, ed è possibile stabilire accordi per la divisione dei beni, sia mobili che immobili.

Una volta determinate le condizioni economiche e di affido dei figli, gli avvocati redigeranno un verbale, certificando la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico e, dopo averlo fatto sottoscrivere alle parti trasmetteranno l’accordo al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente per la verifica delle condizioni della separazione in esso indicate (con particolare attenzione in caso di presenza di figli), affinché quest'ultimo comunichi il nullaosta per consentire il deposito dell'accordo presso i competenti uffici dello stato civile.

Contattando lo Studio Legale, e illustrando il vostro caso, riceverete un preventivo senza impegno che vi illustrerà nel dettaglio i costi per l'assistenza in questa procedura. Compilate il modulo in alto a destra o cliccate qui per contattarci con le modalità che riterrete più opportune.

Non sono dovuti costi per il procedimento di rilascio da parte del procuratore della Repubblica del nullaosta ne il pagamento dell’imposta di registro, del bollo o di qualsiasi altra tassa nei confronti dell'erario se dall’accordo di negoziazione emerge che le disposizioni patrimoniali, contenute in esso sono funzionali e indispensabili per la risoluzione della crisi coniugale (Ag. Entrate risoluzione del 16 luglio 2015 n. 65/E).

La procedura di separazione consensuale in tribunale inizia con il deposito del ricorso sottoscritto da entrambi i coniugi contente le condizioni economiche della separazione e l'eventuale affido dei figli. A differenza della negoziazione assistita i coniugi possono affidarsi ad un unico legale che assista entrambi, riducendo notevolmente i costi della procedura. In alcuni tribunali è possibile depositare il ricorso senza l'assistenza di un difensore. Dopo il deposito del ricorso il Presidente del tribunale competente fisserà l'udienza di comparizione dei coniugi davanti a se al fine di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione. Se in coniugi dichiarano di non volersi conciliare il Presidente del tribunale omologa la separazione con decreto.

Dall'udienza di comparizione dei coniugi in tribunale inizia a decorrere il termine di 6 mesi per poter chiedere il divorzio. 

Il decreto di omologa viene successivamente inviato, a cura della cancelleria del tribunale, al Procuratore della Repubblica per il nullaosta e, una volta rilasciato, gli accordi della separazione unitamente al decreto di omologa vengono inviati presso l'ufficio di stato civile del comune di appartenenza dei coniugi. 

I costi per sono rappresentati dalla parcella dell'avvocato (o degli avvocati se i coniugi decidono di avvalersi di due difensori), più o meno simile a quella per la negoziazione assistita, nonché il contributo unificato, da versare in cancelleria al momento del deposito del ricorso (e  pari a 43 euro).

Contattando lo Studio Legale, e illustrando il vostro caso, riceverete un preventivo senza impegno che vi illustrerà nel dettaglio i costi per l'assistenza in questa procedura. Compilate il modulo in alto a destra o cliccate qui per contattarci con le modalità che riterrete più opportune.

LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE

Nel caso in cui i coniugi non giungano ad un accordo sui termini della separazione, sarà necessario rivolgersi al tribunale competente al fine di ottenere una sentenza che dichiari la separazione e stabilisca le condizioni economiche e di affidamento dei figli, nonché l'eventuale addebito della stessa nei confronti di uno dei coniugi.

Entrambi i coniugi devono farsi assistere obbligatoriamente da un avvocato per parte.

Il ricorso viene depositato da uno dei coniugi che, una volta ricevuta la comunicazione del decreto di fissazione dell'udienza di comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale, notificherà all'altro coniuge sia il ricorso che il predetto decreto. 

All'udienza di comparizione, se il coniuge ricorrente non si presenta personalmente il ricorso si intende abbandonato e la procedura si estingue; se non compare il coniuge resistente viene fissata una nuova udienza per consentirne la comparizione, se non compare nemmeno alla successiva udienza il procedimento proseguirà dopo aver dichiarato la contumacia del coniuge assente. 

Sempre alla prima udienza di comparizione personale dei coniugi, il Presidente del tribunale, previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, fissa i provvedimenti che ritiene urgenti (affidamento dei figli, assegnazione della casa coniugale, disposizione di un assegno di mantenimento in favore di uno dei coniugi, ecc.) e nomina il giudice istruttore, fissando l'udienza di comparizione dinnanzi a questo per la trattazione della causa. 

Alla prima udienza di comparizione dinanzi al giudice istruttore questi può, con sentenza non definitiva, dichiarare immediatamente la separazione dei coniugi, essendo sufficiente la richieste di una delle due parti, atteso che è ammessa la separazione anche per circostanze oggettive e, più in generale, per tutti quei fatti che, ai sensi dell'art. 151, comma 1 del codice civile  "rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza o recano grave pregiudizio all'educazione della prole". A nulla rileverà l'eventuale opposizione di uno dei coniugi alla dichiarazione di separazione in considerazione del fatto che, il nostro ordinamento, dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975, consente libertà di scelta ai coniugi indipendentemente dai fatti che hanno generato il deterioramento del matrimonio.

Emessa sentenza non definitiva che dichiara la separazione dei coniugi (da questo momento inizia a decorrere il termine 12 mesi per richiedere il divorzio), il giudizio proseguirà per stabilire le condizioni economiche della stessa nonché per le decisioni sull'affidamento dei figli.

È necessario che entrambi i coniugi depositino i documenti atti a dimostrare la consistenza del loro patrimonio (dichiarazione dei redditi, risparmi, proprietà mobiliari, immobiliari, ecc.), al fine di consentire al giudice una piena analisi della situazione reddituale e determinare la misura dell'eventuale assegno di mantenimento in favore di uno dei coniugi e/o dei figli.

Anche in questo caso potete contattare lo Studio Legale per riceverete un preventivo personalizzato e senza impegno. Compilate il modulo in alto a destra o cliccate qui per contattarci con le modalità che riterrete più opportune.

L'ASSEGNO DI MANTENIMENTO

L’assegno di mantenimento consistente nel versamento mensile di una somma di denaro da parte di uno dei coniugi in favore dell’altro laddove ricorrano determinati presupposti:

 ​

  • Al coniuge che richiede l’assegno non deve essere addebitata la separazione;

  • Il coniuge richiedente non deve ha adeguate fonti di reddito;

  • Il coniuge obbligato al pagamento dell’assegno deve disporre di mezzi economici idonei.

 

Generalmente l’assegno verrà corrisposto periodicamente, ma può essere versato una tantum, ovvero con un unica somma di denaro e può essere stabilito esclusivamente per il pagamento di determinate spese quali, per esempio, il canone di affitto per un alloggio.

La misura dell'assegno di mantenimento viene determinata al fine di consentire al coniuge economicamente più debole di continuare a mantenere il medesimo tenore di vita avuto in costanza di matrimonio.

Nel caso in cui venga addebitata la colpa della separazione al coniuge richiedente l'assegno, questi potrebbe conservare il diritto agli alimenti, ovvero una somma di denaro sufficiente al suo sostentamento,  laddove non sia in grado di poterne far fronte da solo. 


Se la domanda per la corresponsione di un assegno di mantenimento in favore per uno dei coniugi può anche non essere accolta, discorso diverso va fatto per quella riguardante un assegno per i  figli della coppia

In presenza di figli, il giudice dispone l’obbligo di corresponsione di un assegno di mantenimento, tenendo in considerazione i seguenti presupposti:​

  • tenore di vita tenuto dal minore in costanza di convivenza con entrambi i genitori;

  • situazione reddituale dei genitori, distinguendo tra coniuge affidatario e non (anche in caso di affido condiviso);

  • valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L'assegno andrà corrisposto al genitore affidatario in presenza di figli minori o direttamente ai figli se questi hanno raggiunto la maggiore età.

L'assegno va corrisposto fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica, che, a seconda dei casi (contesto sociale in cui vive il figlio, educazione scolastica, condizioni di salute, problematiche connesse con il mercato del lavoro, ecc.) può durare anche ben oltre il raggiungimento della maggiore età o la fine del ciclo scolastico, ivi compreso il percorso di studi universitario. 

Generalmente  il coniuge obbligato al versamento dell'assegno periodico sarà obbligato al pagamento delle somme a partire dalla data di deposito del ricorso, con la conseguenza che dovrà corrispondere (spesso in una unica soluzione) gli eventuali arretrati.

L'assegno di mantenimento (o alimentare) corrisposto in favore di uno dei coniugi o dei figli, può essere modificato in qualunque momento quanto mutano le condizioni economiche di uno o entrambi i coniugi, o, nel caso dei figli, quando questi raggiungano la sufficienza economica, rispetto a quelle esistenti al momento della determinazione dell'assegno.

Il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento o alimentare, nei confronti del coniuge o dei figli, è un reato previsto e punito dall’art. 570 bis c.p.con la reclusione fino a un anno o multa da 103 a 1.032 euro.

IL DIRITTO ALLA PENSIONE DI REVERSIBILITÀ E AL TFR.

Al coniuge separato, anche nel caso in cui non abbia diritto ad un assegno di mantenimento o, addirittura, al quale è stata riconosciuta la colpa o l'addebito della separazione , spetta il diritto alla pensione di reversibilità a seguito del decesso dell'altro coniuge. Ciò è stato confermato dall'ordinanza n. 7464 del 15 marzo 2019, con la quale gli Ermellini hanno recepito la sentenza n. 286/1987 della Corte Costituzionale che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 23, comma 4, della legge n. 1357/1962 e dell'articolo 24 della legge n. 153/1969, nella parte in cui escludono dalla erogazione della pensione di reversibilità il coniuge separato per colpa con sentenza passata in giudicato.

Diversamente da quanto accade a seguito del divorzio, al coniuge separato non spetta il 40% del TFR corrisposto dal datore di lavoro all'altro coniuge. Al limite, sarà possibile chiedere che la misura dell'assegno di mantenimento venga determinata tenendo conto delle somme percepite a titolo di Trattamento di fine rapporto, o chiederne la revisione nel caso in cui il TFR venga erogato dopo l'omologa delle condizioni della separazione. 

La c.d. “Legge di stabilità per il 2016” (L. 208/2015) ha introdotto la possibilità, per il coniuge separato che si trovi in stato di bisogno, di ottenere dallo Stato un’anticipazione delle somme dovute dall’altro coniuge a titolo di mantenimento. 

Se intende chiedere aiuto al Fondo, il coniuge avente diritto all’assegno può rivolgere un’apposita istanza al Giudice affinché lo Stato eroghi un’anticipazione della somma non versata dall’altro coniuge.
Il Fondo opera in via sperimentale per tutto il biennio 2016-2017 e ha una dotazione finanziaria limitata: Euro 250.000 per l’anno 2016 ed Euro 500.000 per l’anno 2017.
Il D.M. 15 dicembre 2016 ha fissato importanti regole operative, prevedendo quanto segue:

1)    il criterio di individuazione del Giudice competente a esaminare la richiesta: la competenza spetta al Tribunale che ha sede nel capoluogo del distretto di corte di appello, in base alla residenza del coniuge che presenta l’istanza (la residenza del richiedente deve trovarsi in uno dei comuni dei distretto della corte d’appello). Ad esempio: se il coniuge interessato ad usufruire del Fondo ha la residenza a Piacenza, la competenza spetterà al Tribunale di Bologna (il distretto di corte d’appello competente per Piacenza è infatti quello di Bologna);

2)   la messa a disposizione del modulo da compilare, disponibile sul sito www.giustizia.it;

3)   la precisazione che l’istanza deve contenere i seguenti dati:

a)   le generalità e i dati anagrafici del richiedente;
b)   il codice fiscale;
c)    l'indicazione degli estremi del proprio conto corrente bancario o postale;
d)    l'indicazione della misura dell'inadempimento del coniuge tenuto a versare l'assegno di mantenimento, con la specificazione che lo stesso è maturato in epoca successiva all'entrata in vigore della legge;
e)    l'indicazione se il coniuge inadempiente percepisca redditi da lavoro dipendente e, nel caso affermativo, l'indicazione che il datore dei lavoro si è reso inadempiente all'obbligo di versamento diretto a favore del richiedente a norma dell'art. 156, 6° comma, cod. civ.;
f)     l'indicazione che il valore dell'indicatore ISEE o dell'ISEE corrente in corso di validità è inferiore o uguale a Euro 3.000;
g)    l'indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata a cui l'interessato intende ricevere ogni comunicazione relativa all'istanza;
h)   la dichiarazione di versare in una condizione di occupazione, ovvero di disoccupazione ai sensi dell'art. 19 D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, senza la necessità della dichiarazione al portale nazionale delle politiche del lavoro di cui all'art. 13 del medesimo decreto; in caso di disoccupazione, la dichiarazione di non aver rifiutato offerte di lavoro negli ultimi due anni;

4)    l’indicazione che all’istanza devono essere allegati i seguenti documenti:

a)    copia del documento di identità del richiedente;
b)    copia autentica del verbale di pignoramento mobiliare negativo, ovvero copia della dichiarazione negativa del terzo pignorato relativamente alle procedure esecutive promosse nei confronti del coniuge inadempiente;
c)    visura rilasciata dalla conservatoria dei registri immobiliari delle province di nascita e residenza del coniuge inadempiente da cui risulti l'impossidenza di beni immobili;
d)    l'originale del titolo che fonda il diritto all'assegno di mantenimento, ovvero di copia del titolo munita di formula esecutiva rilasciata a norma dell'art. 476, 1° comma, cod. proc. civ..

5)    la precisazione che l’istanza viene inizialmente valutata dal Presidente del Tribunale (o da un Giudice da questi delegato), il quale deve esprimersi entro 30 giorni. Se la ritiene ammissibile, il Presidente del Tribunale trasmette l’istanza al Ministero della Giustizia affinché il Fondo la accolga ed eroghi la somma richiesta. Il Ministero si rivarrà poi contro il coniuge moroso per il recupero della somma. Se invece ritiene la domanda inammissibile, la trasmette comunque al Ministero specificando i motivi per cui la stessa non merita accoglimento; il provvedimento di rigetto vero e proprio spetta però al Ministero. 

6)    Il versamento della somma ha luogo con cadenza trimestrale e l’importo mensile dell’assegno di mantenimento non può superare l’importo massimo mensile dell’assegno sociale.

7)    Se vengono meno i requisiti o se la documentazione allegata alla domanda non è veritiera o completa, l’aiuto può essere revocato.

AFFIDO DEI FIGLI E ASSEGNAZIONE DELLA CASA CONIUGALE

Tra le condizioni della separazione, riveste ruolo preminente anche l'affidamento dei figli e l'assegnazione della casa coniugale. 

L'affido dei figli può anche essere condiviso, ciò nonostante essi potranno convivere prevalentemente con uno solo dei coniugi, salvo il diritto di visita nei confronti dell'altro genitore che potrà tenerli con se in periodi prestabiliti (generalmente uno o due giorni alla settimana, uno o due weekend al mese, la metà dei giorni festivi, quali pasqua, natale, ferie estive, ecc.).

La casa coniugale, in presenza di figli, viene assegnata al coniuge affidatario. In assenza di figli al coniuge economicamente più debole o, in caso di addebito al coniuge non responsabile della separazione. 

IL DIVORZIO

Come per la separazione, anche il divorzio può essere consensuale o giudiziale. 

Il divorzio può essere richiesto decorsi 6 mesi dal deposito dell'istanza in comune, dalla sottoscrizione della negoziazione assistita, dall'udienza di comparizione dei coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale nella separazione consensuale o decorsi 12 mesi dalla sentenza, anche non definitiva, di dichiarazione della separazione giudiziale. 

Il divorzio può essere domandato da uno dei coniugi, senza che sia intervenuta la preventiva separazione, anche nei seguenti casi:

  • quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l’altro coniuge è stato condannato in via definitiva, anche per fatti commessi in precedenza, alla pena dell’ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, o per reati gravi contro la famiglia, nonché per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;

  • quando l’altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti sopra, se il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l’inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare;

  • anche se il procedimento penale intrapreso contro uno dei coniugi per i delitti gravi previsti dalla legge si è concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciarsi sul divorzio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi;

  • l’altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all’estero nuovo matrimonio;

  • il matrimonio non è stato consumato;

  • è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso.

Le procedure per ottenere il divorzio sono le medesime che abbiamo visto per richiedere la separazione. 

Pertanto il divorzio consensuale potrà essere chiesto al Sindaco del comune di residenza dei coniugi (o quello in cui è stato celebrato il matrimonio), utilizzando la negoziazione assistita o rivolgendosi al tribunale competente. 

Le parti sono libere di modificare le condizioni indicate nella separazione, salvo parere contrario del Presidente del tribunale e il nullaosta del Procuratore della Repubblica che potrebbe richiedere diverse condizioni laddove evidenzi delle criticità nei confronti del coniuge più debole o dei figli.

Anche il divorzio giudiziale segue la medesima procedura della separazione.

La differenza sostanziale tra separazione e divorzio riguarda il fatto che, con quest'ultimo, cessano gli effetti civili del matrimonio, e i coniugi non sono più obbligati l'uno dei confronti dell'altro e possono contrarre nuovo matrimonio. 

Sono salvi gli obblighi di assistenza materiale di uno nei confronti dell'altro e l'assegnazione della casa coniugale sopratutto in presenza di figli non economicamente autosufficienti. 

Differenze sostanziali anche nella determinazione dell'assegno di divorzio.

La determinazione dell'assegno divorzile è in continua evoluzione giurisprudenziale. Dopo il superamento del principio secondo il quale il coniuge, economicamente più debole, aveva diritto a conservare il medesimo tenore di vita avuto in costanza di matrimonio, e la negazione di ogni forma di assistenza economica (salvo il diritto ad un assegno alimentare in caso di estrema necessità), la giurisprudenza di legittimità più recente riconosce, attualmente, all'assegno di divorzio natura compensativa (per ogni approfondimento cliccate qui).

Diversamente da quanto visto in tema di separazione all'ex coniuge divorziato spetta il diritto alla pensione di reversibilità solo se percettore di un assegno divorzile. 

Mentre in tema di TFR, il diritto alla corresponsione del 40% del suo ammontare, spetterà all'ex coniuge all'avverarsi di determinate condizioni: 

  • Se è percettore di un assegno divorzile periodico (Se avrà ricevuto un importo in un'unica soluzione non avrà diritto al TFR);

  • Se non è convogliato a nuove nozze;

  • Se il rapporto di lavoro al quale si riferisce il TFR è antecedente al divorzio.

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